La presenza dei monaci Agostiniani, nella città di Teramo, risale probabilmente alla seconda metà del XIII secolo, anche se le notizie storiche non hanno permesso di stabilire con certezza l’anno di tale insediamento. Tuttavia, uno tra i primi storici dell’ordine, Tomas de Herrera nella sua opera Alphabetum Augustinianum del 1644, scriveva che nell’archivio del convento di Teramo, la cui fondazione era incerta, aveva visto una bolla di Clemente IV del 1268 con la quale il papa accordava il perdono dei peccati a quei cittadini teramani che avessero aiutato i frati agostiniani della città.
La comunità religiosa si sviluppò inserendosi nel tessuto socio-economico della città tanto che, nel 1420, ebbe necessità di ingrandire la propria struttura conventuale destinando ad altro uso la chiesa, forse allo studium monastico, caratteristica e momento importante della Regola agostiniana. Fu allora che il convento incluse la chiesa e l’oratorio di S. Giacomo, ubicati nelle adiacenze dello stesso convento, di proprietà della Congregazione dei Disciplinati della morte e Santa Maria del Soccorso ivi eretta nel 1260. I monaci agostiniani vissero secoli di floridezza economica durante i quali il loro patrimonio si incrementò con lasciti e donazioni ma, dalla metà ‘700, iniziò a ravvisarsi una lenta decadenza.
L’8 settembre 1792 un dispaccio reale ne dispose la soppressione, sia in relazione agli orientamenti politici del sovrano Ferdinando IV, volti all’abolizione dei piccoli conventi, sia per la necessità di dotare Teramo di un nuovo carcere. Le contraddizioni all’interno del Parlamento cittadino circa la destinazione delle rendite degli agostiniani e le contestazioni del vescovo aprutino Pirelli ne rallentarono l’esecuzione che avvenne in modo definitivo nel 1796. In tale anno fu occupato da un quartiere militare e, nel 1799, Vincenzo Comi vi realizzò una nitriera artificiale ed una polveriera per la difesa della provincia. Nel 1803, su disegno dell’ingegnere Eugenio Michitelli, si iniziò l’adattamento del convento a nuovo carcere provinciale e il 5 gennaio 1807 vi vennero trasferiti i detenuti.
Nel 1810 l’ingegnere Carlo Forti, a seguito dei nuovi Regolamenti imposti dalle leggi francesi, realizzò un nuovo progetto. L’edificio doveva racchiudere il carcere civile, quello criminale, il tribunale, il corpo di guardia, l’infermeria e la cappella ma, la mancanza di disponibilità finanziaria fece sì che si potesse attuare solo parzialmente. I lavori, ripresi nel 1818 e conclusi nel 1827, diedero alla struttura carceraria quella forma che rimarrà alquanto invariata per tutta la prima metà del XIX secolo. Il carcere risultava tuttavia essere carente nella sicurezza, insufficiente a contenere il numero crescente dei detenuti e soprattutto mancante di una differenziazione degli ambienti da destinare agli uomini, alle donne, ai ragazzi e al clero. Nel 1862 si realizzò un imponente progetto di adeguamento che però non venne approvato.
Nel 1865, a seguito delle nuove disposizioni sulla sicurezza dettate dal Governo unitario, si impose la separazione del carcere dalla chiesa di S.Agostino che, nonostante le premure del vescovo Milella e della Confraternita dei Cinturati, proprietaria del tempio sin dal 1809, fu abbattuta e ricostruita in stile neoclassico ad una navata. Veniva così a perdersi ogni traccia della quattrocentesca chiesa a tre navate ricca di notevoli opere d’arte come il Polittico del pittore veneziano Jacobello del Fiore, oggi conservato nella Cattedrale di Teramo. Il tempio fu riaperto al culto nel 1889. Nel 1864 si dispose in maniera più razionale l’infermeria e, nel 1873, si avviò il progetto del secondo piano sul lato occidentale dell’edificio. Ulteriori sovrapposizioni e adeguamenti strutturali e manutentivi si sono registrati anche al XX secolo sin quando, nel 1987, i detenuti sono stati trasferiti nella nuova casa circondariale di Castrogno.
Nel 1988 l’Archivio di Stato chiedeva al Demanio la concessione in uso governativo dell’immobile dismesso al fine di realizzare la seconda sede istituzionale necessaria allo svolgimento delle attività di conservazione e valorizzazione del patrimonio documentario a seguito del continuo aumento. L’analisi dello stato funzionale, in rapporto anche alle normative di sicurezza, ha comportato notevoli interventi strutturali nel rispetto delle peculiarità storico-architettoniche dell’ex carcere. Nell’ edificio che si estende per 4270 metri quadrati, disposto su tre livelli, le scelte di razionalizzazione degli spazi hanno suggerito di adibire i locali a pian terreno quali ambienti destinati ai servizi al pubblico e ai fruitori di mostre e convegni con la realizzazione di una sala di studio e di una sala conferenze.
Gli uffici per il personale sono stati predisposti al primo piano, ma la quasi totalità degli ambienti è stata destinata ai depositi archivistici e librari con l’utilizzo, anche nel secondo piano, di scaffalature metalliche e di armadi compatti che aumentano la capacità di capienza.
Il risultato dell’intervento di restauro restituisce al centro urbano un edificio monumentale che, oltre a valorizzare e rendere maggiormente fruibile l’ingente patrimonio documentario, è testimonianza di un sito ricco di storia e tradizioni e opportunità di godimento per la cittadinanza di una grande eredità culturale.